Gli alberi e le radici

“La foresta si stava restringendo, ma gli alberi continuavano a votare per l’ascia, perché l’ascia era furba e convinse gli alberi che, avendo il manico di legno, era uno di loro“

Proverbio turco

Tra qualche giorno verrà diffuso un appello per la restituzione al Filmstudio dei suoi spazi e del luogo in cui è vissuto per oltre 50 anni.

Diffondiamo il nostro pensiero, evidenziando alcune minacce ma soprattutto tratteggiando una prospettiva alla cui realizzazione vorremmo partecipare con il nostro amore, il nostro impegno e con le atmosfere che abbiamo condiviso in questo ultimo periodo. Fino a quando abbiamo potuto.

Sono oltre cento i cinema che hanno chiuso a Roma. Tra questi potremmo citare i molti piccoli cinema di quartiere che, nel loro piccolo o grande che sia, hanno formato generazioni di cinefili.

A questo doloroso fenomeno di estinzione dobbiamo aggiungere la scomparsa di una miriade di spazi culturali indipendenti. Una brutale potatura di rami vitali che garantiscono la vita di un organismo complesso di straordinaria bellezza.

Le realtà che sono riuscite a resistere sopravvivono molto spesso in un ambito marginale e fortemente precarizzato.

Tra i principali motivi che hanno prodotto questo dissesto, citiamo:

  • la volontà di centralizzare il controllo sull’offerta culturale e di burocratizzare il progetto complessivo della produzione di contenuti;
  • la forte tendenza a privilegiare i soggetti funzionali alla propaganda e le entità organiche agli interessi dei politici;
  • l’incapacità di proteggere identità e tradizione (che è anche sperimentalismo e prospettiva) a favore dell’invasione dei gruppi dominanti che perseguono, legittimamente, solo il profitto.

Ne è scaturito un orizzonte disgregato, abbandonato al declino, privo di numerose spinte creative significanti e scollegato rispetto alla grande fetta di popolazione, ma anche di turisti, che desidererebbero vivere esperienze di maggiore spessore.

Esistono naturalmente esempi che, singolarmente, mantengono una vena ispirativa di qualità e coerenza. Tuttavia essi non possono che costituire oasi isolate in una città invasa dalla movida e da un clima da luna park che evidentemente non può rappresentare un valore aggiunto per una città storica e culturalmente nevralgica nel panorama mondiale.

Roma è una città che accoglie circa 50 milioni di presenze l’anno ed è di fatto un patrimonio inestimabile che deve contare su un progetto solido ed efficiente, capace di integrare i diversi tipi di offerta, liberandoli dalle spire della politica, dall’ossessione del controllo, dai desolanti balletti delle nomine.

Che le iniziative più promosse vengano riservate ai VIP e ai vari nipotini dei capibastone non è un fatto scandaloso e può essere considerato un elemento consueto e intrinseco dello showbiz e della società dello spettacolo.

Lo sconcerto deriva piuttosto dal disinteresse rivelato dal depauperamento attuato, con una feroce strategia, mediante la soppressione di un circuito di spazi caratteristici e identitari. Di un tessuto che garantiva a Roma i punti di riferimento espressivi indispensabili per l’equilibrio di una grande città.

Chi ignora questa riflessione e la separa dall’aumento della presenza della criminalità organizzata a Roma, dalla crescita di episodi di disagio e violenza e dai malesseri diffusi nelle giovani generazioni, compie un’ipocrita operazione di alterazione dalla realtà.

In questa disamina, severa e apparentemente accusatoria, vengono in realtà citati molti punti di forza di cui questa città è ancora in possesso.

Chi sa leggere tra le righe comprende perfettamente che si tratta di un atto d’amore per Roma e per i Romani.

Non lasciamo sola questa meravigliosa città e recuperiamo la ricchezza di una grande casa che appartiene a tutti noi.

Siamo donne e uomini privilegiati per il solo fatto di vivere in un luogo meraviglioso, unico al mondo.

Prendiamoci cura di questa splendida quercia, maestosa e immortale, e diamogli il valore che merita. Valorizzeremo anche le nostre esistenze e il futuro dei nostri giovani.