Testimonianze
Aneddoti e definizioni
tramandate nel tempo
“Sono tornato al Filmstudio, lo schermo che visse due volte, e ho ritrovato, come allora, l’intensa sensazione del fuori campo, quello spazio magico e denso in cui tutto può accadere.
Non era quella l’essenza speciale del Filmstudio? Rendere visibile l’invisibile, i primi Wenders, le febbri visionarie di Schifano, un Ozu mai visto in Italia, eccetera, eccetera. È il miracolo che ancora chiediamo al Filmstudio. Spero riusciate anche ad evocare Enzo e Marco, e Gianni e tutti gli amici che non ci sono più.
O almeno la loro passione travolgente per il cinema. Buon lavoro.”
Bernardo Bertolucci
Decisivo fu un regalo ricevuto da mio padre. Era la tessera per il Filmstudio, un cineclub in via degli Orti d’Alibert, il luogo dove si è costruito il mio bagaglio cinematografico.
Ci andavo cinque giorni a settimana, a vedere, due, tre film alla volta.
Lì iniziai ad apprezzare i tentativi di un nuovo cinema, specchio della realtà, che guardava ciò che gli accadeva intorno e andava rompendo gli schemi: I pugni in tasca, Prima della rivoluzione, Teorema, la Nouvelle Vague, il Junger Deutscher Film, il Free Cinema.
Carlo Verdone
dal libro: La carezza della Memoria
14 dicembre del 1976, un giovane filmaker sconosciuto, alto, magro, con i capelli lunghi di nome Nanni Moretti, esordì al Filmstudio con il suo primo lungometraggio “Io sono un autarchico” (girato in Super8). Inaspettatamente il film esplose. Fu un successo travolgente.
“Io sono un autarchico” irruppe nella scena cine-socio-politico-culturale del momento come il film che molti, senza saperlo, stavano aspettando.
“Ero molto giovane. Avere l’occasione di mostrare il mio film per la prima volta a Roma e in uno di quei posti mitici dove capivi che tutta la storia del cinema era lì o era passata di lì, mi sembrava di sognare. Ero così onorato che mi avessero dato quell’occasione. Era notte, non parlavo una parola di italiano e c’erano grandi registi e grandi artisti in sala. Mi sembrava di stare in paradiso”
Wim Wenders
Era in corso di svolgimento una rassegna dedicata a Sergio Leone.
Il 24 giugno era previsto un incontro con Sergio Leone.
Per la relazione di apertura era stato invitato Tullio Kezich. L’incontro, per l’indisponibilità di Leone, non si poté fare.
Tre giorni prima che terminasse la rassegna, il 10 luglio, prima dell’inizio dell’ultimo spettacolo (era in programma “Giù la testa”) sbucarono su Via degli Orti D’Alibert Sergio Leone ed Ennio Morricone.
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Andy Wharol
Nell’autunno del 1968 al Filmstudio si tenne la prima italiana del film The Nude Restaurant di Andy Warhol.
In seguito, nel luglio del 1972, il Filmstudio dedicò a Warhol una rassegna, presentando a Roma altri cinque film, tra cui la prima italiana di Couch.
Per l’uscita di The Nude Restaurant, il grafico Giovanni Lussu, ispirandosi alla notissima serie di serigrafie Campbell’s Soup di Warhol, rielaborò l’etichetta della famosa lattina di minestra creando la locandina da attaccare in sala.
Vennero prodotte alcune decine di esemplari della lattina come gadget con il logo del Filmstudio per il pubblico presente.
Warhol intervenne alla proiezione della prima e uscendo dall’affollatissima sala, si fermò a osservare i gadget. Si guardò per un attimo intorno e ne prese uno, per poi scomparire da solo nella notte.
Jean-Luc Godard doveva girare a Roma un film e decise di utilizzare il Filmstudio come luogo di riferimento che fosse la base operativa.
Il film aveva un budget di 80 milioni, ma Godard fece il suo lungometraggio (Vento dell’Est) con 40 milioni.
I fondi risparmiati li li dette a vari movimenti rivoluzionari, tra i quali Lotta Continua. Al Filmstudio consegnò 3 milioni di lire affinchè creasse una distribuzione di cinema militante
Nel 1978 presentammo una rassegna intitolata “Erotika Californiana”. Il programma comprendeva una serie di film prodotti dalla chiesa metodista californiana per l’educazione sessuale dei giovani. In quell’occasione fummo denunciati da una associazione cattolico integralista per una offesa al pubblico pudore. E non era la prima volta. Moravia venne in tribunale insieme al regista Michelangelo Antonioni a testimoniare a favore del Filmstudio.
Tra le altre cose, Moravia, a chiusura della sua deposizione disse al giudice: “…se chiudete il Filmstudio io, che sono anche un critico cinematografico, per vedere dei film di qualità sarò costretto a trasferirmi a Parigi.”
La deposizione di Moravia in aula fece un certo effetto. Come sempre anche quella volta fummo assolti. Tra l’altro, durante il dibattimento, si scoprì che chi aveva sporto la denuncia non aveva visto un solo film della rassegna incriminata.
“Forse i miei ricordi più belli sono legati a una stradina un po’ umida. Lì aspettavamo di entrare al Filmstudio per vedere film che seguivamo con grande palpitazione. Altro momento magico, all’uscita, ci si fermava a parlare di cinema, di estetica, di tutto. Quella stradina sotto il Gianicolo era il salotto della parte più viva della cultura romana.
In via degli Orti d’Alibert s’incontravano ragazzi che sarebbero diventati registi, sceneggiatori, poeti, scrittori, politici. La cultura era allora una cosa viva, metteva insieme persone, non le separava.”
Vincenzo Cerami
“Al Filmstudio sono andato da sempre. Ricordo il film che lo inaugurò, di Norman McLaren. A metà degli anni Settanta ero in fuga dalla politica, nel senso che ero diventato segretario della sezione del PCI di Campo Marzio. Facevo cioè il confessore a tempo pieno, e appena finivo il pio lavoro andavo lì. Tra i tanti film, quello che più mi ha impressionato è Sullivan’s Travels (I dimenticati) di Prestn Sturges del ’42, storia di un regista che ritenendo immorali i film divertenti, vuole parlare della vita dei senzatetto. Comincia così un vagabondaggio inconsueto, fa la vita del barbone, e per uno sbaglio giudiziario finisce ai lavori forzati. Vedendo i detenuti che si divertono con Topolino capirà l’importanza dei film comici. Mi ha colpito perché in genere si pensa che il cinéphile sia noioso di natura, che non voglia divertirsi, invece l’amore per il cinema è qualcosa di totale, che ti coinvolge. Da lì è nato lo spirito di Massenzio. Non speravo più che il Filmstudio riaprisse. Ora lo frequento di nuovo, anche perchè ho lo studio nella stessa strada.”
Renato Nicolini
“In via degli Orti d’Alibert, avvolti in un mantello nero, in una notte nera, si andavano a vedere i film che gli intellettuali avrebbero scoperto un anno dopo.”
Luigi Magni
“Ho frequentato il Filmstudio per anni, mi sedevo sempre in terza fila, avevo una mia poltrona. Allora c’era qualcosa di sacrale nella visione di un film, che oggi è semplicemente inimmaginabile.
Il Filmstudio è nato quando la videoregistrazione non esisteva: ha rappresentato la memoria storica per un’intera generazione. Andavamo al Filmstudio per ripassare i film, per non dimenticarli, in una specie di esercizio alla Fahrenheit 451. È stato anche un luogo di scoperte e di novità: personalmente è lì che ho conosciuto la produzione underground americana e il nuovo cinema tedesco degli anni settanta e tutto ciò che di nuovo ed emergente nasceva in giro per il mondo.”
Gianni Amelio
“Senza il Filmstudio a Roma non sarebbero cresciute due generazioni di cinefili.”
Dario Argento
“Lo spartiacque per tanti romani. Questo è stato il Filmstudio, perché è nato a cavallo del ’68, e non era solo una sala dove potevi vedere film introvabili – per me molto importante è stato il Nuovo Cinema Tedesco – era un luogo d’amicizia, generoso per gli incontri che vi potevi fare. Uno dei pochi luoghi d’incontro della sinistra, e poi io avevo il privilegio di non pagare…
Noi avevamo vent’anni, e Roma era molto diversa. Era una Roma multidisciplinare, il cinema come l’architettura – io ero studente di architettura – era parte integrante del vivere sociale. Negli anni Ottanta i linguaggi specifici, ermetici, hanno allontanato sia il cinema sia l’architettura dal mondo, dalla realtà. Il Filmstudio era la sala delle avanguardie storiche, dei film inediti di Godard, dei film underground, con l’autore che li presentava, un luogo dove potevi vedere il passato, il futuro e quello che succedeva nel presente, dove ti rendevi conto di far parte di una comunità.”
Massimiliano Fuksas
«il Filmstudio, capostipite dei filmclub italiani, sorto nel 1967 sotto la bandiera dell’underground americano e del recupero delle avanguardie storiche, frequentato da Alberto Moravia come Aldo Moro.
Quando chiuse il Filmstudio, si perse uno spazio di libertà dove era possibile vedere un cinema diverso, più creativo e interessante. Il circuito tradizionale non ne sopportava l’esistenza.
Mi ricordo che nel 1969 Godard al Filmstudio discuteva con gli studenti contestatori, tra i quali anche Cohn-Bendit, su come fare Vento dell’Est, anche se poi decideva tutto da solo.
Insomma, il Filmstudio era un luogo di resistenza al cinema commerciale»
Jean-Marie Straub
“Il Filmstudio è stato, senza alcuna ombra di dubbio, all’inizio della mia storia. Certamente della mia storia con l’Europa. Mi è impossibile dimenticare le appassionate discussioni dopo le proiezioni dei film nel 1977: erano un modello di qualcosa che io non sono mai più riuscito a ritrovare, e che mi è molto mancata.”
Robert Kramer
“Il Filmstudio è il più antico e glorioso dei filmclub italiani, quello che vanta più tentativi di imitazione. I suoi animatori hanno saputo fondere la cinefilia con il pragmatismo costruendo un modello alternativo all’esercizio cinematografico tradizionale, quale rifugio dei buongustai del cinema che non sempre trovano altrove di che sfamarsi. Un momento fondamentale nello sviluppo del discorso imbastito a livello planetario dai festival cinematografici, cioè lo sforzo sempre più incisivo di trasferire l’eccezionalità della programmazione d’essai alla quotidianità. Uno dei pochi, seri ed efficienti progetti culturali nati nel nostro paese dall’esperienza del ’68.”
Tullio Kezich
“Annavo al cinema. Sì, ma è chiaro non vedevo i film de adesso, Sciuscià…Non ero tanto regazzino. Annavo al cinema, sì, vedevo Sciuscià, Umberto D., Roma città aperta. I film stranieri dopo ho cominciato a vederne qualcuno. Pier Paolo mi fece capì quarche film de ‘sti Murnau, de Mizoguchi, mi portava ar cinema, proprio al Filmstudio a vedere ‘sti film qui…E’ lì che ho cominciato a…sì, anzi no, mi ha fatto un senso contrario, cioè, vedere ‘sti grandi film, ‘sti capolavori, me faceva sentì un po’ a disagio, quasi un po’ di vergogna di fronte a questi che hanno girato ‘sti capolavori, ‘sti film così importanti. L’altri che possono fare? Pier Paolo me spiegava, me faceva capì.”
Sergio Citti
“Pochi sono i luoghi a livello planetario (esagerato?) dove il bel sogno catacombale della natura visiva per eletti si è materializzata con grande intensità come nel Filmstudio a Roma. Gloriosamente navigato e sofferto, è ora risorto a nuova vita, sdoppiato e vorace. Un nuovo magico contenitore per quadri in movimento di cui tutti vogliono essere parte attiva. Ed in cui anch’io vorrei la mia parte.”
Ugo Nespolo