Il Manifesto – 25 febbraio 2003
È scomparsa Annabella Miscuglio, cineasta d’avanguardia e documentarista di fama internazionale. Aveva fondato il Filmstudio e girato lo scioccante «Processo per stupro»
Sguardi underground Nel `76 organizzò il primo festival delle donne, «Kinomata» che rendeva visibile il lavoro delle registe nel mondo
SILVANA SILVESTRI
Resteranno l’intelligenza, la forza e la bellezza di Annabella Miscuglio, pugliese e solare, scomparsa domenica scorsa, con la stessa evidenza di certe belle immagini di cinema. Chi l’aveva frequentata non dimenticherà il suo sorriso. Per gli altri il suo nome resta legato a un modo inimitabile di fare cinema, fulcro attorno a cui si mise in moto il mondo dei club dei cinema in Italia con il Filmstudio di Roma e contemporaneamente la macchina cinema delle donne che negli anni settanta costituì una vera rivoluzione. Se non tutti conoscono il suo nome è perché la censura nel nostro paese procede instancabile nella cancellazione dei gesti veramente radicali come era il suo lavoro. Il suo modo non aggressivo di porre la macchina da presa in campo, già questo è stato una rivoluzione, in un’epoca in cui le registe cercavano di mimetizzare la loro femminilità per essere prese sul serio, una professione che invece nei paesi del nord e dell’est offriva nomi di spicco alle nouvelles vagues e al femminismo (Varda, Chytilova, Meszaros). Quando per la prima volta in Italia organizzò con Rony Daopoulo (allieva di Rossellini che firma insieme a lei parecchi lavori) il primo festival delle donne «Kinomata» si poté vedere concretamente il panorama storico e la varietà del lavoro che le registe stavano compiendo internazionalmente nel mondo del cinema, fu un’occasione impagabile di prendere coscienza e forza. Lo spazio di cinema aperto nel `67, il Filmstudio 70 – come si chiamava – di via degli Orti d’Alibert era (ed è ancora) una finestra internazionale nel cuore di Roma, fondato da lei con altri appassionati studiosi ed esploratori, come Amerigo Sbardella e Paolo Castaldini, quindi allargato ad Adriano Aprà ed Enzo Ungari.
Poi fu lo stesso Rossellini ad aprire i cellari della Cineteca per le programmazioni, qualcosa che in ogni capitale avviene tranne che a Roma, dove ancora non esiste una sala in cui poter vedere i classici in pellicola (e questa è un’altra caratteristica del Filmstudio che ancora oggi proietta rigorosamente non in video). Grazie al Filmstudio Roma poteva assomigliare a New York, Parigi o Berlino con in più quel via vai di artisti italiani dell’underground o dell’emigrazione costante (Gianni Amico), del rigore rivoluzionario (Jean Marie Straub e Danielle Huillet), la scoperta (Moretti al suo esordio) tra i suoi tesserati il politico appassionato di western (Aldo Moro) e i registi Gianni Amelio, Michelangelo Antonioni, Dario Argento, Marco Bellocchio, Bernardo e Giuseppe Bertolucci, Liliana Cavani, Luchino Visconti, Lotte Eisner che riportava ogni notte in albergo i film della Cinématèque di Langlois, Godard, i pittori, i collettivi e, tra i giovani con la pizza sotto il braccio il giovane Wenders, il giovane Herzog. Accanto alle rassegna, alle jam session e ai collettivi si tentava anche una distribuzione alternativa e di questo lei in prima persona si fece carico per anni.
Processo per stupro legato al nome di Annabella Miscuglio non arrivò quindi per caso. C’era dietro a questo lavoro il primo collettivo di cinema femminista, realizzato con Rony Daopoulo, Anna Carini, Paola De Martiis, Loredana Rotondo, Maria Grazia Belmonti. Si sentiva anche una lunga esperienza di cinema militante e d’avanguardia, abbastanza per ideare una postazione collettiva nella sede di un tribunale, fare in modo che gli occhi di tutte le donne fossero puntati su un caso che aveva stordito per la sua efferatezza (e le cui cause si mescolavano in modo inquietante al momento politico) e rivelava il modo insultante di trattare le donne in aula con toni che nulla avevano da invidiare alla commedia italiana e una forza della difesa che diventò un momento storico. Premiato nei festival internazionali, commentato a lungo nelle pagine dei quotidiani fu un lavoro che si credette bene di bloccare e non si trattava della televisione demente di oggi, ma di quella abbastanza aperta degli anni ottanta: A.A.A. Offresi (di Miscuglio e Daopoulo) che smascherava doppia morale, vizi e debolezze dei clienti e per la prima volta metteva in scena il punto di vista della prostituta come donna sfruttata, fu bloccata dopo l’anteprima alla stampa perché rompeva la stanza dei balocchi maschili.
Se è vero che un documentario deve avere qualcosa di dirompente (e questi lo avevano) bisogna anche pensare che parallelamente si nutriva di una tenace produzione in super8 che affondava nelle pieghe delle tematiche femministe (non dimentichiamo che tra i primi suoi lavori c’è un film sulle tarantolate, prima espressione visiva di un genere poi molto frequentato).
Annabella Miscuglio ha continuato il suo lavoro per la Rai sempre con le sue doti di sensibilità anche nei casi più difficili di una televisione che stava scivolando pesantemente in fatto di gusto.
Oggi alle ore 12.30 al Filmstudio (via degli Orti d’Alibert 1/c si svolgerà una cerimonia laica per salutarla e ricordarla. Chiuderà la cerimonia, aperta a tutti, la proiezione di uno dei suoi film sperimentali degli anni settanta: Fughe lineari in progressione psichica.

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